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Il "Caravaggio" di Conscente

Arte

Pubblicato il 9 luglio 2007


IL “CARAVAGGIO” DI CONSCENTE


.....Dal 1982 il Museo diocesano di Arte Sacra di Albenga custodisce una tela raffigurante S. Giovanni Battista, proveniente dalla chiesa parrocchiale di S. Alessandro di Conscente, ma originariamente collocato nell’oratorio di S. Giovanni Battista, primitiva parrocchiale del borgo.
.....Conscente era un feudo pontificio, di cui nel 1584 erano stati investiti i fratelli Costa, di nobile famiglia albenganese: Mons. Pier Francesco Costa (1545-1625), poi vescovo di Savona e Nunzio, Ottavio Costa (1554-1639), banchiere pontificio in Roma, dove gestì diverse “depositerie” tra cui quelle della Camera Apostolica, del Sacro Collegio, del Monte delle Cancellerie e del Sant’Officio, Alessandro, abate commendatario del monastero di S. Maria e S. Martino dell’isola Gallinaria, e Gio Antonio.
.....Ottavio Costa è un personaggio ben noto agli storici dell’arte per la sua importanza nell’ambito complesso della cultura romana tra Cinque-Seicento, con particolare accento sul suo ruolo di committente e di protettore del Caravaggio.
.....Il quadro di Conscente è ritenuto generalmente dai critici d’arte una copia antica dipendente da un originale del pittore Michelangelo Merisi, detto “il Caravaggio”, che viene identificata nel dipinto conservato nella Nelson Gallery of Art di Kansas City (USA).

Il dipinto, ora custodito nel Museo Diocesano d'Arte Sacra di Albenga.

.....Il canonico Gio. Ambrogio Paneri, segretario di Mons. Pier Francesco Costa, figlio di Ottavio, che fu vescovo di Albenga dal 1624 al 1653, in un voluminoso manoscritto principiato nel 1624 e proseguito fin oltre il 1648, descrive il quadro presente nell’allora chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista di Conscente (in funzione come tale fino al 1603) come «effigie dipinta dal celebre, e nominato Pittore Michel’Angelo Caravaggio nel deserto a pianger le miserie humane» che «indirizza alla vera penitentia non solo i devoti Disciplinanti, ma anche i forestieri». Inoltre, un inventario dell’oratorio di S. Giovanni Battista di Conscente del 1615-1616 lo elenca presente nella chiesa senza specificarne l’autore: «Quadro grande mandato da Roma di S. Gio. Batta».
.....Un dubbio sorge spontaneo. Perché se nella stessa chiesa il feudatario Ottavio Costa, conte di Conscente dal 1622) fa collocare una “Decollazione di S. Caterina d’Alessandria”, opera riconosciuta di Guido Reni, il “S. Giovanni Battista” dovrebbe essere solo una copia coeva di un analogo soggetto del Caravaggio?
.....Non era forse il conte Ottavio un committente e un protettore del Caravaggio durante la sua permanenza romana? Perché suo figlio, il vescovo della Diocesi di Albenga, lo attribuisce al Caravaggio?
.....E’ documentato che il conte Ottavio Costa abbia alienato in vita diversi pezzi della sua ampia quadreria, ma è altrettanto vero che nel suo testamento proibì di alienare i quadri di sua proprietà esistenti in Roma, disponendo che fossero mandati ad Albenga. A fortiori non dovettero, né potevano, essere alienati quelli collocati nelle chiese e sugli altari di cui la famiglia Costa aveva il patronato.
.....La tela della cappella Costa nella cattedrale di Albenga, raffigurante S. Verano che scaccia il dragone, opera attribuita a Giovanni Lanfranco, e quelle di Garlenda attribuite rispettivamente al Guercino (“Nascita di Maria”), al Poussin (“Martirio di S. Erasmo”, perduta) e al Domenichino (“Madonna col Bambino e i Santi Benedetto e Mauro”), ancorché abbisognino di studi specifici ed approfonditi, caratterizzano una committenza estremamente raffinata che trova giustificazione nell’orgoglio dei Costa, feudatari di Conscente e di Garlenda, di poter “arricchire” culturalmente i centri di culto dei propri feudi, da cui discendeva in senso lato anche il prestigio dell’intera famiglia.
.....Allora perché proprio il S. Giovanni Battista deve essere una copia di un ignoto pittore? Non è più semplice ipotizzare che il conte Costa abbia chiesto al Caravaggio di replicare il soggetto di un quadro particolarmente riuscito ed apprezzato, al punto che se ne trova un altro esemplare analogo nelle Gallerie Nazionali di Napoli? Già, sarebbe più semplice, ma complicherebbe le certezze dei critici.


Luciano Livio Calzamiglia

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